Oreto - Bandita: Palermo
Reportage
Palermo è una città di mare dove non lo vedi quasi mai. Via Messina Marine costeggia, dopo il porto e il Foro Italico, un tratto che comprende il fiume Oreto fino al quartiere Bandita dimenticato dalle autorità sin dai tempi della seconda guerra mondiale.
di Nino Pillitteri
Dimenticato proprio non è il termine migliore per definire il fatto di essere ricordati come la prima discarica di macerie dopo la guerra, o il primo sito di carico di sabbia di mare utilizzato abusivamente durante il sacco di Palermo dalla fine degli anni '60 nel periodo in cui in una notte venivano demolite palazzine in stile Liberty ed innalzate le fondamenta per la costruzione di scheletri in cemento alleggerito per palazzoni di periferia. La sabbia veniva da lì. Poi del resto sono stato ingiusto a definirla come area abbandonata dalle autorità.
E' vero, prima di ogni elezione è una zona battutissima, fonte inesauribile di voti, molti di scambio. Praticamente una fogna a cielo aperto, il fiume Oreto che scorre dal cuore Conca d'Oro verso il mare. Bagnanti russi prendono il sole e si tuffano felici tra le onde e le macerie. Dietro la spiaggia nasce un quartiere senza nome, senza nome sono anche le strade. Le case non hanno allacci fognari in quanto non appena costruite sono state occupate illegalmente.
Il tratto tra il fiume Oreto e il quartiere Bandita è una zona difficile. Poco più in là si arriva al quartiere Brancaccio centro di organizzazione e smercio di stupefacenti e non solo. Allevamento e vivaio di giovani boss la cui età media dopo gli ultimi arresti celebri è scesa tra i 18 ed i 25 anni. Brancaccio quartiere di eroi silenziosi e martiri come Padre Puglisi. Ancora riecheggiano nell'aria le sue ultime parole serene ma non rassegnate al suo boia, Salvatore Grigoli che dopo la cattura, il pentimento e la conversione le ricorda alla stampa: “me l'aspettavo”.
Si cammina con scarponi robusti tra gli argini del fiume e sul greto inaridito. Sotto un ponte alcuni giovani smontano, fino a ridurlo ad una carcassa senza anima, un vespino bianco. Il filo dell'acceleratore penzola inerte senza più tensione da una parte. Una vena antropomorfa sradicata dal suo organismo vitale.
Da sopra il ponte continuano a scorrere lenti i mezzi pesanti incuranti di ciò che accade qui sotto.
“Sii sbirru?”
No, fotografo.
Allura fanni à fotografia.
Si scambiano 4 parole sul quartiere. Non c'è illusione né amarezza. Nel frattempo continuano a smontare anche un altro motorino. Ricaveranno dalla vendita dei pezzi di ricambio forse cento euro; un paio di giorni per tirare avanti.
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