Muraho..Taekwondo

Muraho...taekwondo

 

La mia  prima volta in Rwanda fu per documentare il genocidio che sconvolse il mondo intero, uno dei più sanguinosi episodi della storia del  XX secolo. In circa 100 giorni, vennero massacrate oltre  1.000.000 di persone.


 

Nonostante la drammatica situazione il "paese delle mille colline" mi affascinò.
Grande poco più della Lombardia, racchiudeva tutta  la magia dell‘Africa.

 

E’ l’ incontro, nel 2005, con Massimo Giuggioli coordinatore dell’ Associazione Barabba’s Clowns onlus,ha riaccendere la passione per il piccolo pease africano. Massimo mi parla della missione di Musha e del salesiano Padre Hermann Shulz, da oltre 30 anni Rwanda e del suo grande aiuto agli orfani del genocidio che prosegue ancora oggi.


 

Durante un incendio nella foresta, mentre tutti fuggivano, un colibrì volava in senso contrario con una goccia d’acqua nel becco. "Cosa credi di fare?" gli chiese il leone con un sogghigno di irrisione.

Il colibrì, proseguendo il volo, gli rispose: "Io faccio la mia parte!"

 

Qual’è la mia parte, mi chiedo, cosa posso dare? Racconto con le immagini ciò che incontro per il mondo, il dolore , la gioia, la miseria e la ricchezza delle persone.


 

Con l’amico e professionista del video Luca Noris programmiamo di realizzare un documentario e un reportage fotografico su P.Hermann Shulz e la sua missione. Si parte per l’ Africa…..telecamere, macchine fotografiche, accessori e quant’altro.

 

E’ Luca ad avere l’ ottima idea di portare dei dobok per promuovere la disciplina del Taekwondo. E’ un successo!!!.


 

I ragazzi attendono con ansia la consegna ufficiale delle divise bianche con la scritta Italia-Rwanda. Luca, maestro di questa spettacolare disciplina insegna i primi rudimenti del Taekwondo, fatta di prontezza, potenza e controllo.

 

Fa tenerezza vedere i movimenti , a volte poco tecnici ma carichi di tenacia e volontà.
ll pubblico, fatto di ragazzi della scuola e della missione osserva divertito la semplice esibizione tecnica che i 12 giovani sportivi hanno preparato per noi.


 

Anche Padre Hermann partecipa divertito all’entusiasmo che i suoi giovani.Racconta abbassando il tono di voce:

 

Era nel 1983 che dai giovani stessi, quasi tutti analfabeti o ragazzi della strada i quali m’accompagnavano nei vari viaggi missionari, venne l’idea di creare per loro un luogo dove potessero prepararsi per una vita riuscita - e nacque così l’idea del villaggio dei giovani, cominciando con una piccola tenda....!


 

Nel 1994 era un piccolo villaggio per un centinaio di giovani, dove potevano imparare a leggere e scrivere e apprendere vari mestieri, ma soprattutto si sentivano in casa, in famiglia ed avevano buone prospettive per l’avvenire. Il villaggio era autonomo: si viveva di quello che si coltivava sui campi o si produceva nella falegnameria e nell’officina meccanica.

 

E proprio in quel momento sopravvenne il disastro, il cosiddetto genocidio...il nostro villaggio fu distrutto, gran parte dei giovani furono uccisi....


 

anch’io ero sulla lista di quelli che "dovevano" morire: fui portato fuori in un carro armato dei soldati delle Nazioni Unite; ero vivo, ma nel cuore ero morto - non volevo più vivere: piangevo,pregavo ed imploravo Dio di lasciarmi morire...

 

Furono buoni amici e altre brave persone che mi hanno ridato coraggio, ed il villaggio della missione fu ricostruito: ora è di nuovo popolato da più di 160 giovani, con in più una scuola superiore (con circa 350 allievi).


 

Dal nostro villaggio Hameau de Junes ( casa del giovane) sorgono tante iniziative per aiutare la popolazione intorno a noi con adozioni a distanza, con assistenza sanitaria,cooperative ed altro.

 

La consegna dei dobok ha suscitato molto interesse tra i giovani che vogliono imparare questa disciplina olimpica. Muraho, muraho…. ringraziano sorridenti, ciao ciao! Con la promessa che prima della nostra partenza ci regaleranno una loro esibizione


 

Io e Luca affascinati dalla figura caruismatica di P Herman decidiamo di realizzare un documentario sulla sua vita.
 

 

Salesiano di origine lituana, da 40 anni in Africa, ha vissuto gioie e tragedie di questo affascinante e travagliato paese .


 

Il video  vuole raccontare il suo impegno nella missione Hameau de Jeunes a Musha. Olltre 120 ragazzi, molti di loro orfani,vivono nella struttura della missione e oltre 300 nella scuola secondaria adiacente.

 

Il nostro programma di lavoro video-fotografico è molto intenso. Con la Jeep, e muovendoci molto presto la mattina, visitiamo, le bellezze naturali di questo paese


 

L’ impenetrabile foresta pluviale, il parco safari dell’Akagera, l’immenso lago Kivu e l’emozionante parco dei vulcani dove vivono gli ultimi gorilla.

 

 

Spesso ci muoviamo a piedi, seguendo Hermann nei villaggi.
La sua visita è un dono per questa povera gente. Distribuisce medicine, celebra S. Messe e soprattutto li ascolta e si interessa dei loro problemi.


 

Una povertà dignitosa, dice, che ti interroga in silenzio ogni volta che ti sorridono felici, nella loro totale povertà.

 

 

Fin dal momento della consegna, a padre Hermann, dei dobok che la F.I.T.A. ha donato ai giovani, e del quale ho scritto nella primo numero , nella scuola non si parla altro che di Taekwondo.


 

Ogni giorno gli atleti si allenano per l’esibizione che ci regaleranno prima del nostro ritorno in Italia. Al nostro rientro, nel tardo pomeriggio,i ragazzi che già praticano arti marziali, sono ad attenderci.

 

Vogliono imparare il più possibile e Luca, maestro di Taekwondo, non si risparmia. Contagiato dal loro entusiasmo insegna tecniche di base e preparazione atletica.


 

Li vedi correre scalzi sul terreno pietroso, sorreggersi l’ un l’altro per rilassare e distendere i muscoli. Poi di nuovo veloci tra campi, bananeti e capanne, coi bimbi, incuriositi e sorridenti, ad incitarli e rincorrerli fin tanto che hanno fiato.

 

In uno scenario naturale unico, hai la sensazione di vivere lo sport allo stato puro. Dedizione, fisicità e potenza.


 

Hermann, “il padre di tutti” osserva orgoglioso i suoi ragazzi, e loro lo ricambiano dando il meglio.

 

Lui scambia battute in kenya rwanda, i ragazzi ridono, non comprendiamo ma siamo partecipi di una spontanea gioia. Basta veramente poco a renderli felici.


 

Le tre settimane sono terminate, la voglia di rientrare in Italia è forte, anche se siamo sicuri che rimpiangeremo dopo pochi giorni lo stile di vita africano.

 

 

Salutiamo i ragazzi, ritornerete coi vostri campioni ci chiedono? Sì.Grazie F.I.T.A. scrivono sulla lavagna. Grazie a Voi ragazzi. Muraho E’ l’ultima emozione in terra d’Africa.