Col treno da Asmara a Nefasit

Quello che vorrei mostrarvi oggi è un viaggio molto limitato nello spazio fisico, inquadrato com'è in un paio di decine di chilometri, gli unici oggi percorribili con facilità. E' però, più che altro, un notevole e per me emozionante salto temporale, permettendo un'esperienza collocata a circa un secolo fa, su quella che era considerata (ma forse si può ritenere ancora oggi) la ferrovia più bella del mondo. Si tratta di salire a bordo del treno che percorre più o meno regolarmente una volta la settimana la tratta compresa tra Asmara e Nefasit della Ferrovia Eritrea che collega la capitale con Massawa. Qualche nota storica su questa ferrovia prima di salire a bordo è d'obbligo. La costruzione risale ai tempi della colonizzazione italiana a partire dalla fine dell'800 e si protrarrà per i primi decenni del '900. Per l'epoca era considerata un vero prodigio tecnico ed ingegneristico, superando tra il Mar Rosso e l'altipiano dove sorge Asmara, un dislivello di 2400m in poco meno di 120km, con l'attraversamento di 64 ponti, ponticelli e viadotti, 30 gallerie, vari tornanti e tratti a spirale avviluppati attorno a pinnacoli di roccia. Stupefacenti i meri dati tecnici, ma di grande meraviglia pure i paesaggi attraversati, che spaziano dal deserto posto alla quota del mare, fino alle varie fasce vegetazionali, climatiche e pure etnografiche che si incontrano via via salendo sull'altipiano. Essa rimase in esercizio fino agli anni 70, quando la trentennale guerra di liberazione contro l'occupazione Etiopica portò allo smantellamento totale pezzo per pezzo, che comunque era già cominciato nell'immediato dopoguerra ad opera degli inglesi prima e degli etiopi poi. Nel 1994, dopo la conquista dell'indipendenza dell'Eritrea, si cominciò a raccattare dalle trincee ormai abbandonate le traversine ed i pezzi di rotaia da rimettere insieme. Il problema più grosso era però fare funzionare di nuovo le vecchie vaporiere Breda ed Ansaldo e le più moderne (della metà degli anni 30.....) e veloci littorine Fiat ancora esistenti, ma abbandonate da decenni e senza più l'esistenza dei pezzi di ricambio. L'idea brillante fu richiamare in servizio i vecchi ferrovieri dell'epoca italiana, gli unici ancora depositari dei “segreti” di quelle macchine rugginose. E quello che costituisce uno dei principali simboli di riscatto della giovane nazione africana ed appare ai più come un miracolo, di quelli che solo in Africa possono compiersi, è da qualche anno realtà e si può assaporare su un convoglio di una o, al massimo, due carrozze condotto da ossuti e fieri pensionati.

La partenza dalla stazione di Asmara avviene prestissimo la domenica mattina.


Oggi ci porta a spasso una Ansaldo classe 1914....


Ad accomodarci sulle panche in legno dell'unico vagone di 3a classe siamo al massimo 10 o 15 viaggiatori. In realtà siamo tutti turisti, perché oggi la velocità del treno a vapore su quelle pendenze è surclassata dal trasporto su gomma e gli eritrei quindi vanno in giro normalmente con l'autobus.

I binari sono più stretti dei nostri: 95 cm, ovvero il cosiddetto “scartamento coloniale”.


Poco dopo la partenza ci si affaccia sul ciglione dell'altipiano etiopico e si comincia a scendere lungo il tormentato percorso in direzione della caldissima piana di Massawa.


All'andata, durante la vertiginosa discesa, è fondamentale il lavoro del frenatore.....


Fanno veramente tenerezza le varie stazioncine, così simili alle nostre in “madrepatria”, ma semidistrutte e crivellate di colpi.


A bordo viene servito, nella coreografica forma tradizionale, il caffè. Si parte direttamente dalla tostatura dei chicchi, ma tanto c'è tutto il tempo, vista la velocità del convoglio!

Il nostro punto d'arrivo di oggi è Nefasit, la prima vera “cittadina” che si incontra scendendo dall'altipiano, nota più che altro perché da qui si parte per l'ascesa al monastero di Debre Bizen. I binari proseguirebbero fin sul Mar Rosso, a Massawa, ma raramente ai nostri tempi il convoglio si spinge fin li.


Dopo aver portato la locomotiva (che in andata viaggia in retromarcia, non essendoci a Nefasit la possibilità di girarla...) in testa al convoglio, si ritorna al punto di partenza.


Ora in salita, la velocità è se possibile ancora più bassa. Ogni tanto si fa qualche sosta, sia per rifornire la caldaia d'acqua, che per oliare le “giunture” della vaporiera, sottoposta a grande sforzo data la pendenza.

Il passaggio del treno è comunque un evento, sopratutto per i bambini. Curiosi e per nulla invadenti i più, qualcuno ha però imparato a chiedere ai pochi turisti che varcano i confini di questo paese qualche penna, caramella o soldino.


Il passaggio delle numerose gallerie, ora che la caldaia sbuffa alla massima pressione, è pazzesco: il vagone, ovviamente, non ha vetri ed il fumo che lo invade, oltre al buio pesto ed allo sferragliare della macchina, è assolutamente indescrivibile.


Dopo circa 5 o 6 ore per poco più di 40 km, siamo di nuovo al punto di partenza ed il frenatore può dare l'ultimo giro di manopola. Tutti coperti di fuliggine, le ossa rotte dalle panche e dagli scossoni, ma con gli occhi che brillano scendiamo quindi a terra. Di nuovo a spasso in quella che viene definita la più bella capitale d'Africa.